Dallara Tony

  • Data
    22 Marzo, 2020
    Numero: 269 Autore: Tony Dallara Titolo: Suit in Tecnica: Olio su tela Misura: cm. 30x40 Firmato: In basso a sinistra Documenti: Certificato della galleria e dichiarazione di autenticità dall'artista su foto Cornice: No

Biografia

“Attratto dall’ astratto come prima, dipingo e canto”. Tony Dallara racconta un doppio mestiere lungo trent’ anni in mostra con una personale al museo di Milano  fino al 2 febbraio TITOLO: Come prima, dipingo e canto Tony Dallara racconta un doppio mestiere lungo trent’ anni. Espone, non canta. Eppure lo striscione rosso appeso in via Senato, con un bel TONY DALLARA cosi’ strillato, induce all’ equivoco. Ma poi, proprio al Museo di Milano di via S. Andrea dovrebbe esibirsi, con “Romantica” e “Come prima”? Il “re degli urlatori” non strilla, anzi sussurra mesto: “Cosa posso farci! Da trent’ anni…”. La storia di Tony Dallara pittore comincia nel 1960, alla galleria Cairola di Milano. Aveva 24 anni, pubblico e critica si mostrarono piu’ interessati al big di Sanremo che al pittore astratto. Il successo di cantante se lo porta addosso da allora come pesante handicap: “E difficile farmi accettare con i miei due mestieri, anche se appartengono entrambi alla sfera artistica: perche’ non potrei esprimermi davanti ad un microfono e poi davanti ad una tela? Meno male che sono stati proprio i pittori famosi a incoraggiarmi, a stimarmi. L’ e’ minga mal, el fioeul, dicevano”. Nel catalogo della mostra (“The black hole, dipinti 1960.1990”, aperta fino al 2 febbraio, orario 9,30.17,30), c’ e’ un’ antologia di firme avallatrici da sbalordire: Fontana e Crippa, Buzzati e Brindisi, Guttuso e Baj. “Si’ , ma non c’ e’ mai stato uno straccio di gallerista che si sia interessato ai miei quadri. E chi li vende? Io? In questi anni ci ho rimesso di tasca mia, spese per tele, colori, cornici… Ma questa e’ la mia pittura, astratta, spaziale, alla quale sono rimasto fedele dall’ inizio. E poi, solo perche’ ho un repertorio di canzonette facili, dovrei dipingere fiori, barche e casette? Non mi piace rifare cio’ che in natura c’ e’ gia’ . Meglio la pop art. Nessuno si ricorda delle mie tele con i dischi sciolti, il vinile liquefatto… Anzi, dicevano che cosi’ eliminavo la concorrenza, distruggendo i 45 giri degli altri”. Tra plastica bollita, lastre d’ alluminio, colori fosforescenti, chitarre spiaccicate al muro, l’ esperienza si snoda su percorsi inconsueti. Dice: “Questa passione per la pittura me la porto dentro da ragazzino. Avevo i pantaloni corti, nelle gallerie non mi facevano neppure entrare, e io a spiare attraverso i vetri, e a ricopiare sul taccuino quei dipinti… A scuola mi piaceva il disegno geometrico, a china…”. E Dallara cantante? “Continuo a far serate, si capisce. L’ amarcord tira sempre, poi le tourne’ e all’ estero, soprattutto in Giappone. Ma non mi piace fare troppo chiasso, quello e’ lavoro e basta. Se mi chiamano, vado, ma mica sto li’ a sollecitare, a chiedere”. Ed e’ vero: Dallara non si espone, lui. Anche rintracciare indirizzo e telefono diventa un’ impresa. “Sto dalle parti di corso Sempione . dice, e rimane nel vago ., dove vivo con mia moglie Patrizia e le mie figlie Natascia di 18 anni e Lisa di 14. Al piano di sotto lo studio, di pittore si capisce, e sopra l’ abitazione”. Fabrizio Zampa, che se ne intende, sul “Dizionario della canzone italiana” della Curcio riconosce a Dallara il posto che gli compete nella storia minima della nostra canzone: “E uno dei protagonisti di un radicale cambiamento nel modo di cantare, introducendo nella musica leggera, dopo anni di morbida melodia, il cosiddetto urlo; e’ stato l’ inventore di uno stile che poi sarebbe stato ripreso da personaggi come Mina e Celentano”. In quegli anni, del disco con “Come prima” si vendettero 300 mila copie. Con “Romantica”, insieme con Rascel, egli vinse il Festival di Sanremo, dove poi avrebbe cantato “Un uomo vivo” in coppia con Gino Paoli (anche lui attratto dai pennelli…). “Ti diro’ “, “Brivido blu”, “Julia”, “Ghiaccio bollente”, “Bambina bambina”, restano nell’ hit parade dei nostri ricordi, e Dallara continua con la stessa veemenza d’ allora a riproporli, “quando lo chiamano”, e a inciderli. “I dischi si vendono, i quadri quasi mai… Ma io continuo, chissa’ mai…”. Scuote la testa e i capelli, spudoratamente nerissimi, mandano lampi di china. “Sono un pittore, no? . ammicca . e se non dipingo io…”.