La grande tradizione italiana del disegno satirico, iniziata agli albori del secolo dopo la decadenza del chiaroscuro francese imposto dai discendenti di Daumier e Gavarnì, ha avuto per primi iniziatori Galantara e Gandolin, poi Novello, Bellincampi e Toddi e quindi la splendida triade Bartoli, Longanesi e Maccari di cui il superstite patriarca è più prolifico di eredi, ancora saldamente attestato sulla roccaforte della “linea continua”, del segno fine a sé stesso che ha il peculiare scopo di divertire prima l’atuore e poi gli altri fruitori che hanno l’intelligenza di capirlo. Di questi eredi il più diretto, devoto continuatore dello stile e dello spirito di questa scuola è Salvatore Marchese, pittore giovane la cui baldanza si riconosce subito dallo spessore aggressivo del suo segno nonostante che freni i tentativi involontari (o forse volontari segnali) di deviazione verso l’aperto e aspro espressionismo. Marchese ha una simpatia arguta verso i suoi personaggi che vengono, in un certo senso, esorcizzati dagli sfregi e le burle cui l’artista li sottopone, decapitandoli, facendoli a pezzi, ricomponendoli e moltiplicando il loro aspetto come in un gioco di specchi: e la lastra in cui opera Marchese è veramente uno specchio della sua identità. Nutrito di esperienze molteplici, Marchese approda al disegno come a un porto in franchigia dove si sente libero dagli impegni e del formalismo: dipinge a tempera sfogando le sue “brame inconsulte di pittura” come annota Gericault, le cui litografie sono un fulgido esempio delle morsure in cui “il rame delle lastre diventa oro” che nei momenti di relax buttava giù acquarelli e carboncini. Il nostro Salvatore Marchese incide in zinco con un punta duttile e insinuante per cui il segno si trasforma come un tracciato di ballerina, dal volo leggero librato fino al fermo sulle punte immobili come la base di un monumento. Lo sguardo dei suoi personaggi è sempre profondo, ironico, perentorio. Certo, l’intenzione che traspare dagli atteggiamenti lascia un po’ preoccupato lo spettatore: a prima vista questo smembramento ilare e sconclusionato dei corpi, può indurre a pensare ad un giocattolo messo nelle mani vandale di un bambino, inconsapevole che i meccanismi dell’uomo sono preziosi e fin che si può salvaguardarli, almeno in pittura. Ma se uno spettatore ci medita sopra, si accorge che questa allegra scomposizione è un invito a ricostruire una “persona” e non rimontando un robot. Per conoscere la satira mordente di Salvatore Marchese è utile osservare le tempere, ultime varianti di un originale campionario di donne dove il colore è steso in funzione del carattere individuale: peccati e vizi, difetti e colpe sono denunciati attraverso il tono e la spigliatezza delle posizioni. Spiritoso nei sarcasmi formali e cromatici, Salvatore Marchese raccoglie il retaggio della satira di costume, con l’indulgenza e saggio affetto verso il pianeta-femmina, così caldo e consolante senza la cui luce saremmo tutti nell’universale tristezza, così dedica questa cartella alle persone allegre d’umore e sbrigliate di fantasia. L’associazione “Centro Storico” di Belvedere Marittimo in collaborazione con il centro d’arte il Faro diretto da Tullio Massimilla e con il patrocinio della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, del Comune di Belvedere M.mo presenta dal 19 dicembre al 6 gennaio presso la Galleria S.Daniele in piazza G.Grossi, una mostra personale del maestro Salvatore Marchese. Nato a Catania nel 1947, il maestro Marchese vive a Fiano Romano da molti anni, formato all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove ha frequentato dapprima i corsi di Renato Ggttuso e Mino Maccari, poi quelli si scultura tenuti da Emilio Greco. Impegnato nell’attività didattica dal 1977, è stato assistente di Emilio Greco alla cattedra di scultura e di Giulio Turcato alla Scuola di Nudo a Roma, ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Carrara e de L’Aquila. Dal 1995 al 2003 è stato titolare della cattedra di incisione presso la l’Accademia di Brera. Attualmente è titolare della cattedra di incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Presente dal 1975 nel catalogo Prandi, ha preso parte a numerose mostre in Italia e all’estero tra queste si segnalano le due grandi antologiche ai Castello Ducale di Fiano Romano e a Mentana. Il critico artistico Dario Micacchi soffermandosi sull’arte di Salvatore Marchese così si esprime : “proietta le sue maschere in un movimento continuo, inarrestabile, in uno spazio che ha i colori di un tramonto mesto e nebbioso, così esasperando il senso effimero di uomini e cose. Tutto è fissato in pose sghembe, sdrucciolanti e in equilibri sempre precari. C’è una grande tradizione moderna alle radici dell’immaginazione di Salvatore Marchese”. Il Maestro Marchese sarà presente all’ inaugurazione il 19 Dicembre. “Un ritomo in Calabria -sottolinea Tullio Massimilla -perchè il Maestro è già stato a Belvedere dieci anni fa”. “Una presenza straordinaria, aggiunge Massimilla, perchè il Maestro Marchese è un’ artista importante ed è un piacere vederlo all’ opera perché sembra che la mano operi da sola trasmettendo alla tela la sua immensa vena creativa con la trasparenza dei colori e un segno fortemente espressivo”. – La mostra voluta da Eugenio Sarpa, dal Sindaco di Belvedere e dal consigliere provinciale Ernesto Magorno, rappresenta una tappa importante nel lavoro di Tullio Massimilla, impegnato ned’ organizzazione di grandi eventi culturali ed artistici. Nella mostra sono esposti trenta lavori con le ultime creazione dell’ artista catenese. Una sezione con una decina di opere è dedicata a “Pinocchio-Peperoncino” in omaggio al “diavolillo” e all’ Accademia del peperoncino di cui Marchese è socio onorario.