Ugo Tapparini è nato a Lecce da famiglia veronese. La madre era pittrice e scrittrice, lo zio poeta. Disegnatore, giornalista e scrittore, ma la sua grande passione è sempre stata la pittura. Della sua opera si è molto occupata la stampa e la critica . Notevole la sua bibliografia; è presente tra l’altro in Bolaffi Arte 1973, 1975; Comanducci 1975; Arte Mondadori 2002-2003. “Un enigma per chi vede il mondo nello spettro dell’usuale. Un paradosso per i più preparati”. Così si definisce Ugo Tapparini, che ama raccontarsi oltre che a parole attraverso i suoi personaggi grotteschi, simboli del mondo che lo circonda, che – come tiene a precisare – lo interessa sempre, nel bene e nel male, convinto che tutto abbia un senso. La sua formazione comprende ampie esperienze, ad iniziare da un clima familiare variegato e stimolante, alla frequentazione di grandi nomi della cultura e dell’arte, da Guttuso a Leo Longanesi e la collaborazione al Borghese, dal contatto con Levi, Zigaina, Migneco all’amicizia con Piero Manzoni, dal quale rifiutò sempre le sue famose scatolette. “E’ strano – osserva Tapparini – come certe persone si incontrino e si capiscano, anche se opposte”. E’ tornato alla pittura dopo aver fatto il giornalista, lo sceneggiatore, il costruttore edile, perché “il colore, il disegno erano lì, in agguato, e sapevo che ci sarei infine arrivato del tutto, senza altri impegni”. E nella sua pittura mette il suo modo di vedere le cose, appassionato, fantasioso, vitale e soprattutto ironico. L’accostamento a Botero e a Franz Borghese viene spontaneo, ma in realtà il linguaggio di Tapparini li precede e forse solo da Maccari eredita quella satira amara, quel senso di vuoto, di malessere e di inadeguatezza che ognuno di noi si porta dentro e che trova espressione in atteggiamenti goffi, non voluti e proprio per questo esaltati dal taglio caricaturale, amplificati da quelle proporzioni sproporzionate, da quei colori forti e contrastanti, da quel segno incisivo e geometrico. “Uno sberleffo alla vita” è stata definita la sua opera, ma anche una riflessione attenta, puntuale, ricca di argomentazioni e di approfondimenti continui sulla totalità dell’esistere, che va dal passivo sgomento stampato sui faccioni dei suoi personaggi, alla gioia e all’emozione dinanzi ad un paesaggio o ad un tramonto. “L’essere immersi nel sogno di sempre senza astrarsi dalla realtà” – come annota l’artista – è forse il desiderio di tutti. Tapparini riesce a metterlo in pratica e a rendercene partecipi. Mostre personali: 1971 Bari, Davidi Gallery; Venezia, Galleria Fontana; 1972 Milano, Art Center; 1973 Bari, Arte Spazio; Taranto, Galleria SK; Cortina d’Ampezzo, Palace Cristallo; 1974 Rimini, Art Center; 1975 Ferrara, Galleria L’Alba; Milano, Art Center; Padova, Arte Nuova; 2000 Aradeo, Galleria del Popolo; Venezia, Galleria Percorsi d’Arte ’90; 2002 Gallerie Elisir (18 città d’Italia); 2003 Imola, Galleria del Risorgimento;2003 Gallipoli, sala esposizioni del Teatro Italia; 2004 Udine; 17 aprile 2004 Montespertoli (Fi); Firenzeart Gallery; Nel 2003 un Cristo è stato donato ai Musei del Vaticano.