Nato nel 1940 e cresciuto nel circoscritto ma fervente ambiente artistico adriese del dopoguerra dove, a parte il genio isolato e non ancora riscoperto dell’anglosassone Foster, un nuovo clima culturale si andava formando accanto alle figure di Scarpari, Reali, Rizzi, Palmieri, Gioli. Poi a Rovigo è a studio con Prudenziato e Breseghello e in amicizia con Gabbris Ferrari. L’incontro con i maestri Zancanaro e Levi è folgorante e costituisce il trampolino di lancio di questo eclettico artista nel mondo della pittura contemporanea italiana. Pur essendo stato tra i pochissimi ammessi allo studio di De Chirico (ma anche di Guttuso e Picasso), e aver esposto in prestigiose gallerie e musei, Berto si è sempre esentato dall’apparire nelle vetrine del grande mercato dell’arte, prediligendo il contatto, in chiave anti-elitaria, con le cerchie di pubblico più genuino: allievi, gente semplice, artisti e intellettuali che conducono la propria ricerca con rigore a autonomia rispetto a mode e correnti. Ciò non significa che la sua pittura sia avulsa dal contesto dell’arte contemporanea. Anzi, la caratteristica appropriazione del pittore della realtà che lo circonda e alle forme in evoluzione della pittura, in Berto è esplicita e, come spesso accade nell’arte, vaticinatoria. È noto infatti il debito contratto dalla Pop americana nei confronti di quella europea: un fronte che a suo tempo trovava un Berto attento e operativo e poi, nei decenni a seguire, pronto a cogliere le fioriture delle successive frontiere dell’arte.