Pittore ed illustratore, nasce a Ruvo di Puglia (Bari), il 16 marzo 1906, ottavo e ultimo figlio di una famiglia povera. Costretto a lavorare fin da ragazzo, diventa “pittore di stanze”, ossia imbianchino, il lavoro più vicino alla sua passione per il disegno. Giovanissimo, lascia il paese natale per emigrare a Roma dove vive poveramente in un periodo di solitaria formazione da autodidatta, prima di trasferirsi a Milano nel 1924. Domenico Cantatore, a Milano, per sbarcare il lunario, disegna abiti per una sartoria, mentre per passione dipinge, frequentare il gruppo di artisti legati al movimento artistico “Corrente” e si occupa di critica d’arte. Nel 1929 tiene la sua prima personale alla Galleria Milano, i suoi paesaggi, le sue nature morte, le cupe ed enigmatiche figure di popolani sono saldamente ancorati alla sua terra d’origine. I volti ed i corpi degli uomini del Sud dipinti da Domenico Cantatore sono nodosi come alberi d’ulivo, pacati, piatti, rassegnati. Nel 1932 Domenico Cantatore soggiorna per due anni a Parigi. Questo viaggio, a lungo sognato dal pittore e reso possibile dall’aiuto economico di un amico, gli permette di conoscere a fondo gli Impressionisti, Modigliani, Picasso, Matisse ed i pittori del gruppo dei Fauves (le belve). Del periodo parigino restano un quaderno, qualche puntasecca, opere in cui il pittore progredisce nella sintesi lineare, ed ha adottato i colori alla Matisse . Henri Matisse diventa uno dei maestri ideali di Domenico Cantatore, da allora, in molti quadri d’ambiente meridionale, affiora la lezione del pittore francese. La cupa, vecchia tavolozza di Cantatore, legata ai temi di terra e di campagna, di contadini e donne in nero, sotto l’influenza di Matisse diventa più leggera e luminosa. Tornato a Milano, Cantatore espone alla Galleria del Milione i disegni del periodo parigino, partecipando poi al premio Bergamo, alle Biennali di Venezia, che gli dedica intere pareti. Riconoscendo il valore delle sue opere, la Quadriennale di Roma gli riserva intere stanza. Pur avendo trascorso due anni nella bohème artistica internazionale di Parigi e vivendo poi nella città del Futurismo, di Novecento, correnti artistiche e politiche, da Corrente al Neorealismo, Domenico Cantatore non si è mai legato a movimenti o gruppi ideologici: è sempre stato figurativo: Masaccio, Rembrandt, Goya restano i suoi pittori prediletti. Nel 1938 illustra con sei disegni le poesie di Sinisgalli e nel 1941 il “Portico dei Poeti” di Scheiwiller. Vivendo a Milano, il giro delle conoscenze di Cantatore si allarga notevolmente, ma, a suo modo conduce una vita solitaria, anche se si ritrovava abitualmente con il gruppetto degli amici più cari, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli e Raffaele Carrieri al Caffè Savini, centro di ritrovo di vari personaggi e di collezionisti. Nel 1940, anche se non allineato al regime di allora, non avendo mai acquisito la tessera fascista, viene nominato, titolare della Cattedra di figura disegnata al Liceo artistico di Milano, per chiara fama e nel 1950 vince la Cattedra di pittura all’Accademia di Belle arti di Brera. Domenico Cantatore alle pagine pittoriche alternò quelle scritte, filtrando, attraverso il racconto e la parola, il percorso che aveva portato il “pittore di stanze” a condividere l’universo dei poeti. Intanto i riconoscimenti si moltiplicano, da ricordare il Premio Umberto nel 1941 a Milano ed il Premio Maggio di Bari nel 1959. Nel 1963 Domenico Cantatore illustra con acqueforti nove poesie, il volume “Uomo del mio Tempo” di Salvatore Quasimodo e venti sonetti del “Canzoniere” del Petrarca. Nel 1967 il poeta Raffaele Carrieri gli chiede di illustrare il suo volume “Afrodite Ovaiola”, per il quale produce belle litografie. Negli tre decenni seguenti Domenico Cantatore viene onorato con grandi mostre antologiche e personali a Palazzo Flangini a Biglia di Salice nel 1963, a Ruvo di Puglia nel 1965, al Museo Civico di Monza nel 1967, a Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1983, a Montecatini dove vince il premio Vita di Artista nel 1981. La pittura di Domenico Cantatore continua ad esprimersi con un linguaggio schietto, duro e senza equivoci, che dà voce ai ricordi ed alle emozioni dell’infanzia. A 80 anni dice in un’intervista: «Sono come Chagall, un ragazzo di una certa età»; porta un bypass arterio-femorale, guida serenamente l’automobile per le frenetiche vie di Milano e lavora ancora a quadri di grandi dimensioni nel suo studio, nel cosiddetto quartiere cinese. La morte lo coglie improvvisa mentre è in vacanza con la moglie a parigi il 22 maggio 1998