(25 novembre 1942 – febbraio 1980) Su una iconografia essenzialmente intessuta sul paesaggio e sulla figura femminile si svolge la serena ispirazione di Alberto Sacchetti: modelli compositivi, questi, niente affatto sottomessi alle suggestioni determinate dall’individualità fisica proposta dai singoli motivi figurali: se mai, sollecitati da ragioni e pretesti meramente formali perseguiti dall’artista per concludere entro una sostanza stilistica e lirica insieme il suo impegno pittorico. De resto – come ebbe a scrivere Carrà in una delle pagine del suo libro su Il rinnovamento delle arti in Italia (del 1945) – <L’atto artistico non è il risultato di preordinati concetti estetici, ma scaturisce dall’atto spirituale del generatore>. Dunque proprio su tale persuasivo assunto poggiano le dichiarazioni espressive di Alberto Sacchetti: coagulata al limite estremo diuna genuità appunto giammai contaminata ovvero esasperata dai dai residui concettuali, qui la pittura riverbera infatti misure certamente interiori, si fa unità trepida, si sviluppa insomma naturalmente senza tuttavia tradire la concretezza figurale dalla realtà esterna da cui essa – la pittura – senza dubbio pur nasce e si sustanzia. Così quella intima ( ma non intimistica) geografia formale composta di immaginari e sommari paesi, che sono case immerse comunque in un’aura paesistica – acquietate diresti entro ovattati spazi, talvolta fissate su acquose e tormentate atmosfere materiche, tal altra assorbita in baluginanti e tempestosi concerti coloristici – si mostra davvero in una casta nudità espressiva interamente interiore. Egualmente le immagini muliebri – dall’artista esibite in una ricca serie di monotipi – la cui aderenza alla verità oggettiva si assicura in modi sicuramente virtuali: difatti la scoperta (o la riscoperta, se si vuole) di un volto come la sinuosa affermazione grafica di un corpo femminile non si producono sul tracciato esemplato da un modello, si idealizzano invece sulla sensibilità di un percorso dettato dalla linea: una linea, quindi, stimolata da impulsi emozionali. In tale ineriore dimensione riteniamo valutare l’atto creativo di Alberto Sacchetti. Novembre 1973 Carlo Giacomozzi